Fotografare camosci e stambecchi

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Ritratto di Cesare
Cesare

Salendo la mulattiera reale di caccia di Valnontey, nel [[Parco Nazionale del Gran Paradiso]] alle prime luci di un gelido mattino di fine Novembre, non posso fare a meno di pensare che la presenza del “signore delle Alpi” sia dovuta a un paradosso. Ovunque estinto, lo stambecco riuscì a sopravvivere solo nei territori che costituiscono l’odierno Parco Nazionale del Gran Paradiso.

Il re Vittorio Emanuele II scelse, infatti, queste zone come riserva reale di caccia, impedendone ad altri la pratica, e salvando di fatto questo splendido ungulato da sicura estinzione. In seguito Vittorio Emanuele III donò questi territori allo stato per far sì che venissero protetti con l’istituzione di un parco, “Il Gran Paradiso”, che assurge lo stambecco a proprio simbolo. Dobbiamo, quindi, alle passioni venatorie di un re ed al disinteresse alla caccia di un suo successore la presenza dello stambecco, non solo nel parco del “Granpa”, ma in tutte le Alpi dove è stato e si sta ancora reintroducendo con notevole successo. Per il freddo eccezionale e la conseguente mancanza di neve, quest’anno dovrò necessariamente salire fin quasi nei pressi del rifugio Vittorio Sella per “l’incontro” con gli ungulati. Se sono fortunato, magari, potrei incontrare qualche stambecco appena al limitare del bosco. Per fotografare i camosci, invece, credo proprio che dovrò proseguire oltre. Le stagioni migliori per immortalare camosci e stambecchi sono il tardo autunno / inizio inverno e la primavera. In autunno gli ungulati scendono alle quote più basse per nutrirsi con l’ultima erbetta, prima dell’avvento definitivo della neve e dell’Inverno che li costringerà a cercare muschi e licheni sui versanti più ripidi ed esposti, sgombri da neve. Anche la primavera offre spunti interessanti. Allo sciogliersi della neve, gli animali scendono, infatti, nel fondovalle per brucare l’erba fresca della nuova stagione. In zone protette da lungo tempo, come il parco del Gran Paradiso, dove l’uomo non è più percepito come un pericolo, è molto semplice avvistarli e avvicinarli, tanto che si possono fotografare con focali medie, senza teleobiettivi lunghi e costosi. E’ comunque opportuno vestirsi con colori non appariscenti, simili all’ambiente circostante, come i classici verde, grigio e marrone. Utile un buon binocolo, di medio ingrandimento. Potremo così notare la presenza di animali anche ad una certa distanza. Una volta avvistati i nostri soggetti, possiamo avvicinarci cautamente e in silenzio. Il problema non è tanto quello di far scappare gli animali, piuttosto confidenti, ma quello di recar loro il minimo disturbo possibile. Il primo obiettivo di un buon fotografo naturalista è, infatti, il rispetto assoluto del soggetto e mai l’immagine ad ogni costo. E’ da tener presente, inoltre, che stambecchi e camosci hanno una soglia d’attenzione, superata la quale, è inutile tentare di proseguire o di avvicinarsi ulteriormente, poiché continuerebbero ad allontanarsi di quel tanto che ritengono necessario per riportare la distanza ad un limite a loro più consono. Per fotografare gli stambecchi è sufficiente, in genere, un obiettivo da 200 mm (con i sensori digitali non a pieno formato diviene, in genere, una focale equivalente ad un 300 mm o 320 mm). Per i Camosci, invece, è opportuno utilizzare focali dai 300 mm in su. Utile anche un duplicatore di focale (tipo 1,4 o 2 x). L’ideale, per un’escursione del genere, sarebbe munirsi di focali dal medio grandangolo (qualche foto di paesaggio si scatta sempre) ad un 400 o 500 mm. Obiettivi corti possono servire, infatti, per immagini ambientate dove, oltre all’animale, si veda anche l’ambiente circostante, oppure per riprendere contemporaneamente interi branchi. Utilizzando i teleobiettivi è necessario considerare che difficilmente avremo a fuoco più soggetti, visto la limitata profondità di campo, a meno di diaframmare molto, creando, però, problemi di mosso causati dal conseguente tempo lungo. Avremo quindi il soggetto principale a fuoco e altri animali, ai lati dell’inquadratura, resi come macchie di colore che creerebbero effetti poco gradevoli. Quando non è possibile diaframmare, quindi, consiglierei di cercare di riprendere un soggetto singolo. Interessante, se si dispone di focali molto lunghe, può essere il primo piano. Determinante è anche la prospettiva e la posizione da cui si riprende il soggetto. Se ci troviamo, infatti, in posizione elevata rispetto all’ungulato, è opportuno fare attenzione perché si rischia di schiacciare eccessivamente la prospettiva, deformando l’animale. Dal basso verso l’alto è invece possibile ottenere effetti interessanti, slanciando il soggetto (Es. uno stambecco in piedi su una rupe). La messa a fuoco deve essere sempre effettuata sull'occhio. Il primo criterio di scelta per una foto di animali è, infatti, la perfetta nitidezza dell'occhio. Per scattare con i teleobiettivi, soprattutto più lunghi di 200 mm, ed ottenere immagini nitide e prive di mosso è opportuno l’utilizzo di un treppiede o di un monopiede. La tecnologia, però, ci viene in aiuto; negli ultimi anni, infatti, sono molto diffusi gli obiettivi dotati di stabilizzatore di immagini. Sono ottiche dotate di un meccanismo che compensa le vibrazioni dell’ottica e della mano, in modo da consentire di scattare a mano libera, con tempi di posa più lunghi del normale. La regola “empirica classica” suggerisce la necessità di utilizzare un tempo di posa pari al reciproco della lunghezza focale dell’ottica montata (Es. con un 200 mm si scatta con 1/200 di secondo; con un 300 mm si scatta con 1/300 di secondo, ecc). Non si tratta di un dogma, ma semplicemente di un suggerimento, in quanto “la mano ferma” varia da persona a persona, anche se si può dire che il sistema è valido sino alla focale di 300 mm (voglio vedervi con un 600 mm che pesa 6 kg a scattare a mano libera con 1/600 di secondo !). Alcune case produttrici “giurano” sulla la possibilità di scattare anche con tempi molto minori (più lenti), anche di 3, 4 stop (Es. con un 200 mm, invece di scattare con 1/200 o 1/250 di secondo sarebbe possibile scattare anche con 1/60 o, addirittura 1/30 di secondo). Utile, quindi, lo stabilizzatore !. Da ricordare un aumento del consumo delle batterie della macchina fotografica, da tener presente, soprattutto al freddo ove le pile rendono comunque di meno. Attenzione anche alla sensibilità del sensore. Oggi è possibile scattare anche aumentando la sensibilità. Suggerirei, comunque, di non superare la sensibilità di 400 asa, volendo ottenere immagini di qualità elevata. Se si fotografano gruppi di ungulati, è opportuno prestare attenzione al diaframma utilizzato. Con un diaframma troppo aperto (numeri tipi 2,4, 4, 5,6) si correrà il rischio di avere nitido solo uno degli animali, o comunque solo alcuni, soprattutto utilizzando teleobiettivi; conviene, quindi, diaframmare (usare diaframmi chiusi tipi, 11, 16, ecc), in modo da avere a fuoco sia il primo piano, sia lo sfondo. Da tener presente, però, che avere a fuoco un solo soggetto potrebbe essere una scelta espressiva interessante. In Autunno e in Inverno, la luce è piuttosto “dura”, ricca di ombre e di contrasti. Tenete presente che i sistemi di esposizione automatici moderni tendono, in genere, a schiarire le ombre favorendo la leggibilità delle stesse. In alcuni casi potrebbe, quindi, capitare di trovarsi con i soggetti in ombra ben leggibili e il cielo e le luci bruciate. La scelta migliore rimane sempre quella di fotografare soggetti in luce. E’ anche possibile, però, misurare l’esposizione direttamente sul soggetto principale, in questo caso il nostro ungulato di turno (utilizzando la lettura media compensata o la lettura spot). In questo caso, qualunque sia la situazione di luce, si privilegia il soggetto principale. Buone foto e buona montagna a tutti.

1) Gran Paradiso. Novembre. Dopo aver dormito nell'invernale del Vittorio Sella, stavo scendendo
a valle. Improvvisamente vidi due maschi di stambecco proprio sul sentiero. Per nulla intimoriti dalla mia presenza iniziarono a duellare e, improvvisamente, assunsero la posa illustrata nella foto. Un momento magico, giusto il tempo di impugnare la macchina e scattare un paio di foto. Questo suggestivo scatto è stato pubblicato su libri, guide e varie riviste, tra le quali MERIDIANI e MERIDIANI MONTAGNE.
Nikon F 90 X, Nikkor 80-200 AF d 2,8. Elite 100.  

2) Duello: in Autunno, ma anche verso l’inizio dell’Inverno i duelli per il diritto di accoppiamento sono piuttosto frequenti. Ho scelto di scattare un primo piano di questa dimostrazione di forza e coraggio di due stambecchi adulti.
Nikon F 90 X, Nikkor 80-200 AF d 2,8. Elite 100.  

3) Immagine verticale in primo piano di uno stambecco adulto. Ho utilizzato un diaframma medio, per ottenere bene a fuoco il primo stambecco e sfocare leggermente lo sfondo, in modo da rendere assolutamente riconoscibile il palco dell’altro ungulato.
Nikon F 5, Nikkor 300 AF, 4, Velvia 50, treppiede.

4) Cuccioli di camoscio: ho avuto poco tempo per scattare circa 5 o 6 immagini. Poco dopo i cuccioli si sono dileguati a notevole velocità. Ho diaframmato leggermente, per avere il più a fuoco possibile anche il secondo piano.
Nikon F 5, Nikkor 300 AF, 4, Velvia 50, treppiede.

5) Camosci. Sembrano una famigliola! Immagine scattate in pieno inverno in Valsavarenche, ripresa dal basso verso l’alto.
Nikon D 200, Nikkor 80-400 VR, 4,5 / 5,6; ISO 200, stabilizzatore attivo.

6) Anche sotto la neve si possono scattare foto interessanti e inconsuete. A seconda della quantità di neve che cade e della sua consistenza è necessario scegliere un tempo di posa più o meno lungo. Con un tempo veloce si bloccano i fiocchi di neve, con uno lungo si possono ottenere effetti di scia. Se il tempo è però troppo lungo l’immagine sembrerà essere senza neve e con uno strano effetto soffuso. Comunque si procede per tentativi, scattando varie foto. Il digitale aiuta molto (si possono vedere subito i risultati !). L’autofocus deve essere disattivato, altrimenti rischia di mettere a fuoco la neve e non il soggetto.
Nikon D 200, Nikkor 80-400 VR, 4,5 / 5,6; ISO 400, stabilizzatore attivo.

7) Stambecco e neve. Il soggetto è, questa volta, uno stambecco, ma le considerazioni sono le stesse dello scatto del camoscio.
Nikon D 200, Nikkor 80-400 VR, 4,5 / 5,6; ISO 400, stabilizzatore attivo.

8 ) Alzi la mano chi non lo invidia: in piedi (o in zampa !) sulle rocce di un dirupo con un precipizio di più di 200 metri. Per d’avvero l’invidia di tutti gli alpinisti !. Per evidenziare questo stambecco, ho scelto un diaframma abbastanza aperto da sfocare lo sfondo, comunque lontano e difficile da rendere a fuoco. Ho scattato a mano libera, appoggiandomi alle rocce, vista l’impossibilità di piazzare con cura il treppiede (anche io mi sporgevo verso il dirupo).
Nikon F 90 X, Nikkor 80-200 AF d 2,8. Velvia 50.  

9) Stambecco femmina. Lo stambecco femmina è più schivo rispetto ai maschi e potrebbe richiedere focali più lunghe. Significa, quindi, andare in giro con un macigno nello zaino ! Il 500 mm, con un treppiede adeguato a sostenerne il peso richiede un certo sforzo fisico, ma, in alcuni case, ne vale la pena.
Nikon F 5, Nikkor 500 AIP f 4, Elite 100, Treppiede.

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